Il Rotary Club di Faenza ha ricordato il decimo anniversario dell’incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima invitando l’ing. Stefano Monti, rappresentante italiano all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) delle Nazione Unite, a relazionare in merito al contributo globale dell’energia nucleare come fonte energetica a basse emissioni di gas climalteranti.
Di origini faentine, Stefano Monti, è attualmente responsabile della Sezione Sviluppo Tecnologie Energetiche Nucleari per il Dipartimento di Energia Nucleare dell’agenzia AIEA delle Nazioni unite, dopo aver ricoperto il ruolo di dirigente di ricerca presso l’ENEA di Bologna e coordinato il programma italiano di Ricerca e Sviluppo sulle tecnologie nucleari per il Ministero dello Sviluppo Economico, facendo anche parte del consiglio direttivo dell’Agenzia per l’Energia Nucleare dell’OCSE (OCSE-AEN).
La relazione ha innanzitutto riguardato una presentazione dell’agenzia AIEA, fondata nel 1957 con l’intento di creare un polo globale per la diffusione delle conoscenze legate alle tecnologie nucleari per utilizzo pacifico. Oggi riunisce ben 172 paesi membri ospitando circa 2500 funzionari presso la sua sede principale di Vienna ed ha il compito di prevenire l’utilizzo illecito e malevolo del materiale nucleare. Promuove la diffusione delle tecnologie nucleari, non soltanto per la produzione di energia ma anche rivolgendosi a molte applicazioni: medicina, agricoltura, conservazione dei beni culturali.
Oggi l’energia nucleare risponde per circa il 10% al fabbisogno di elettricità globale, con 440 impianti operativi in 32 paesi e garantisce circa un terzo della produzione di energia priva di emissioni di gas serra. Inoltre, si registrano 50 reattori in costruzione nel mondo e 30 paesi attualmente stanno considerando di inserirla nel proprio assortimento energetico. Il tema energetico è fondamentale per lo sviluppo globale: si stima una crescita del fabbisogno mondiale pari al 40% nel periodo 2020-2040, in particolare nelle zone di Cina, India e sud-est asiatico. Circa 1 miliardo di persone oggi non fa uso dell’elettricità e altrettanti non hanno accesso a cure mediche per questioni di povertà energetica.
In questa prospettiva carbone e gas naturale ricoprono un ruolo maggioritario, il nucleare resta circa costante, l’idroelettrico è saturo nei paesi sviluppati e le rinnovabili, quali solare ed eolico, ricoprono ancora una quota minoritaria. I dati sui consumi elettrici mostrano come i combustibili fossili (carbone e gas naturale) ricoprano circa il 66% del fabbisogno, il nucleare si attesta al 10%, l’idroelettrico circa al 16% e le rinnovabili all’8%. Inoltre, i 2/3 delle emissioni climalteranti provengono dal settore energetico: in particolare l’anidride carbonica che risulta fra i gas responsabili del surriscaldamento globale.
Rilevante è la produzione di grammi di anidride carbonica associata all’unità di energia prodotta (kWh). Tale parametro di confronto evidenzia ovviamente i combustibili fossili come i maggiori responsabili e mostra che le emissioni di eolico, solare, idroelettrico e nucleare sono comparabili fra loro – se valutate sull’intero ciclo di vita dell’impianto e non soltanto all’istante in cui produce energia.
Sottoscrivendo gli accordi di Parigi nel 2015, la comunità internazionale si è impegnata a contenere a 2°C l’incremento di temperatura globale entro questo secolo. L’impresa è ciclopica: l’obiettivo richiede di passare da una quota di combustibili fossili pari al 70% nel 2020 a una produzione che nel 2050 sia per il 90% a basso tenore di carbonio. Occorre transire da fonti di energia caratterizzate dalla produzione di 570 grammi di anidride carbonica per kWh prodotto (68% fossili senza cattura del carbonio, 22% rinnovabili, 11% nucleare) a circa 50 grammi per kWh prodotto (ipotesi di 17% fossili con cattura del carbonio, 67% rinnovabili e 17% nucleare).
La produzione energetica sarà quindi diversificata fra le fonti a basso contenuto di carbonio: idroelettrico, rinnovabili e nucleare. Il nucleare offre programmabilità e affidabilità di produzione, sicurezza di approvvigionamento e bassa occupazione di suolo. Richiede elevati livelli di sicurezza e un impegno economico e istituzionale di lungo periodo. Riguardo alle rinnovabili sono importanti i costi minimi di esercizio, l’assenza di emissioni durante il funzionamento e l’elevata accettabilità. Resta rilevante l’imprevedibilità della generazione, l’occupazione di suolo e la loro intermittenza che costringe a conservare una riserva alternativa: oggi impianti alimentati a combustibili fossili.
Stefano Monti conclude riportando gli atti conclusivi di un convegno relativo al ruolo dell’energia nucleare nella lotta ai cambiamenti climatici, di cui è stato co-organizzatore per conto di AIEA, sostenendo come molte istituzioni internazionali stiano promuovendo l’utilizzo sinergico di rinnovabili e nucleare in sistemi misti, anche con l’introduzione di reattori di piccola taglia.
Molte le domande suscitate fra i presenti al termine dell’esposizione esaustiva e dettagliata: la sicurezza nucleare degli impianti esistenti, le verifiche contro la proliferazione e la gestione delle scorie radioattive, le prospettive della fusione nucleare. Si affronta poi il tema dell’accettabilità della popolazione e della corretta informazione scientifica. La sfida al cambiamento climatico è già iniziata ed è un impegno globale per l’umanità, in essa tutte le fonti energetiche a bassa produzione di carbonio saranno preziose e l’integrazione potrebbe quindi essere la risposta più efficace per il mondo di domani.